venerdì 25 settembre 2009

Visione di Barack Obama

Jogo Sujo - Gioco Sporco

Emulando come posso un moderno san Giovanni di fronte alla Rivelazione dell'Apocalisse, guardo in tv Barack Obama e lo ridisegno nella mente in un'immagine allegorica e un po' grottesca: nella visione, onirica e assurda, il presidente se ne va in giro con una scritta sulla fronte e un cartello in ogni mano: la scritta in fronte dice "cambierò il mondo", i cartelli dicono "sono qui: sparatemi!" e (l'altro) "trovate un motivo per criticarmi, se ci riuscite". A essere precisi, nel mio delirio di tele-visionario le scritte sono in inglese; sulla fronte c'è "I'll change this world" e i cartelli sono più divertenti e prosaicamente statunitensi: dicono "shoot me!" e "fuck me if you can".

Quest'ultima scritta se la porta dietro anche per "l'informazione" (quella tra virgolette) e gli europei e americani che ciclicamente lo accusano di populismo, incoerenza, e scavano alla ricerca di qualcosa di torbido e sporco (una notizia, una voce, un sospetto) che butti giù il suo sipario di americanissimi ideali costruito durante una campagna elettorale lunga e agguerrita: Obama è musulmano! Obama ha detto che i poliziotti sono razzisti! Obama piscia in piedi! Cose così.

Questo presidente è palesemente incline a fare discorsi di cambiamento e speranza, a trascinare le folle in bagni orgiastici affollati di parole come can, future, change, yes e you. Ciò che soprende è che ai discorsi convinti, emozionanti, avvolgenti, fa anche seguire la messa in cantiere di progetti piuttosto arditi, radicali, belli (per qualcuno pericolosi). E' un equilibrista che da' spettacolo per un pubblico interessato, che spesso lo fischia e sotto la fune mette filo spinato e vetri rotti, casomai si riuscisse a farlo cadere.

Non stupisce che trovi ostruzionismo da ogni lato, dalle lobby filoisraeliane alle multinazionali della finanza, dalle società assicurative ai conservatori del "libero liberismo".

Li deve affrontare o schivare tutti: me lo immagino in poltrona - la sera - quando magari vorrebbe nutrire lo spirito guardandosi Zoolander in dvd con un paio di birre, ma telefonate e inservienti che vanno e vengono continuano a rompergli le scatole e a frapporre domande banali tra lui e il genio di Ben Stiller. Come sintesi e climax della situazione, arriva un bigliettino di congratulazioni per qualcosa, un invito per il 7 ottobre a un cocktail a casa di Michael Bloomberg (che è filoisraeliano, ha una multinazionale della finanza, è superliberale ed è pure sindaco di New York): brividi di inquietudine, sospetto che potrebbe essere un vortice di discorsi imbarazzanti e trappole da 30 denari, e la serata di oggi è rovinata pensando a quel futuro, stanco mercoledì.

Quindi dobbiamo aiutarlo e sostenerlo, povero Obama: per l'Europa sarebbe ora di uscire dalle vecchie logiche guardinghe del "va dove ti porta il vento" e del "vediamo chi vince e scopriremo chi ha ragione": è ora di uscire dal torpore di chi sostiene gli Usa per debito, per opportunità e per interesse, e di dare una mano al presidente in modo deciso, palese ed entusiasta (visto che per una volta ci sono dei motivi per farlo) e farlo prima che un caffé al cianuro interrompa questa visione positiva del futuro.

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