sabato 9 maggio 2009

Un cieco per la strada

http://caderno.josesaramago.org/2009/05/08/a-feira/
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Saggio è colui che si contenta dello spettacolo del mondo, ma un cieco non può assistervi che per voci e suoni, invitanti e accoglienti o inquietanti e minacciosi. Nella nebbia di rumori ovattati e indistinti della grande città, un cieco avanza e si volta cercando di capire cosa avviene intorno a sè, concentrando l'udito a identificare la direzione e la fonte degli eventi, che si mescolano e turbinano come sciami di vespe appena fuori della coltre biancolatte. Colmo d'angoscia e schiacciato dalla propria impotenza, con l'ansia incontrollabile di trovare un appiglio sicuro, il cieco avanza annaspando, le mani tese avanti nel vuoto, gira su sè stesso come un ubriaco o un equilibrista distratto. Alla fine, prevedibilmente e forse inevitabilmente, inciampa e cade sull'asfalto, tra brontolii di passanti e qualche risata crudele che si aggiungono ai rumori ignoti.
Qualcuno mi ha forse scambiato per un ubriaco, pensa ancora a terra - le mani nella polvere - ma lo strappa da questi pensieri lo schianto di pneumatici che gli sfrecciano vicinissimi alle orecchie; si ritrae freneticamente dalla carreggiata e si accuccia in un angolo, cercando di scavare un bozzolo di silenzio vuoto nella nebbia bianca - a quanto dicono, sembra che anche gli alpini facciano qualcosa del genere per prepararsi a dormire nella neve.
Una mano sulla spalla. "Come sta? Ce la fa ad alzarsi?", Sto bene, grazie, si sorprende a mentire mentre si alza faticosamente, e subito lo scuote l'idea che per quanto sia sciocco risponde sempre meccanicamente Sto bene alla domanda Come sta, senza pensare a cosa significhi davvero, persino adesso che non ci vede e si è perso. Lei chi è però, e si volta ancora a cercare con le orecchie e le braccia protese il suo samaritano interlocutore, ma non lo trova e si sente ancora peggio, di nuovo solo in piedi sul marciapiede, mentre le automobili continuano a passargli velocissime accanto e l'odore della gente gli sfila intorno schivandolo nel bianco, Senta, è già andato via, aspetti... un momento, grazie, ma chi è, con la voce che gli si spezza in una nota incerta e delusa. Sobbalza quando lo sente di nuovo lì accanto: "Sono uno scrittore", Molto piacere, io sono un cieco, e l'accorgersi che non ha già più nulla da dire lo colma di un'angoscia inaspettata e improvvisa, irrazionale come sciami di vespe, pesante come i pnumatici e le lamiere delle auto per strada, persino più piena e soffocante del bianco latteo che lo avvolge. Se ne stupisce e spalanca gli occhi ciechi su una pagina di possibilità che appare vuota come la città tutta intorno (non ha mai pensato di poter vedere, o non vedere in realtà, due piani gemelli di vuoto, distinti ma identici e sovrapposti come carta velina) mentre le parole esitano e incespicano frugando febbrilmente negli scatoloni dei ricordi - nastro adesivo ormai secco sul cartone marrone, immobile da secoli nella polvere sospesa del solaio - in cerca di una domanda qualsiasi che riesca a trattenere ancora un poco l'invisibile scrittore. Il cieco si raccoglie deciso, spalanca inutilmente gli occhi e allunga le dita nel vuoto dell'ennesimo cartone, polvere danzante ovunque nell'aria - ma lui naturalmente non la vede - e infine al tatto trova qualcosa nella scatola, un appiglio consunto dall'uso e dal tempo, ma ancora solido ed efficace. Lo stringe saldamente, e in un altro respiro apre la bocca con uno schiocco leggero e risoluto: dove sta andando?
"Vado a Lisbona, alla Fiera del Libro".

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