venerdì 24 luglio 2009

Una donna in un giardino

http://caderno.josesaramago.org/2009/07/24/um-capitulo-para-o-evangelho/
http://quadernodisaramago.wordpress.com/2009/07/24/un-capitolo-per-il-vangelo/

Dalla cucina la sento muoversi in giardino. Scosto un poco la tenda e guardo fuori: ha in mano un annaffiatoio di plastica verde, bagna i tageti, i gerani e le piantine di faggio, magnolia, oleandro. Sembra muoversi con tranquilla disinvoltura, una donna normale in un giardino normale mentre compie un gesto normale, anonima e serena quotidianità. Bisogna guardarle gli occhi per vedere la differenza: quegli occhi mai stati ciechi guardano l'acqua sgorgare e cadere, si posano sulle foglie e su un insetto, lì si svuotano e si fermano per un lungo istante di apnea. L'acqua continua a scivolare dalla plastica alla terra e gli occhi rimangono immobili, sbarrati e vitrei per un'eternità di inconsapevole biancore. Il vicino di casa sta passando a piedi per strada, si avvicina alla rete, non si accorge di nulla: è allegro per qualche ragione, e mentre le da' il buongiorno alza persino il braccio nonostante sia lì a quattro metri. La donna alza appena la testa, la vita ritorna controvoglia negli occhi e cala negli angoli della bocca in un sorriso stanco, la cui stanchezza il vicino non saprà scorgere. Buongiorno signora, come sta?, Non mi lamento, grazie, e lei? Molto bene, mi saluti suo marito, mi raccomando, Senz'altro, buona passeggiata - Di nuovo a rispondere Bene alla domanda Come sta, senza una pretenziosa utopia di verità che potrebbe complicare dei banali convenevoli tra semplici conoscenti. Lui si allontana tutto contento, lei ritorna alla terra e ai tageti.
Riaccosto la tenda prima che la maschera di serenità lasci il viso di mia moglie. Non voglio vedere riflesso nell'acqua dell'annaffiatoio quel che lei ha visto quando ero cieco: sia la coscienza di quel che siamo o la coscienza di aver ucciso, magari la paura che esista anche solo una remota possibilità che accada di nuovo, o la spossatezza che dopo due anni non ha ancora lasciato il suo corpo. E' qualcosa di cui non abbiamo più parlato, non tra noi, non tra vicini, non tra cittadini, connazionali, esseri umani; qualcosa di cui nessuno parla più, un imbarazzo inspiegabile, come una cospirazione immonda, il ricordo condiviso e taciuto di una colpa incancellabile. Mi allontano dalla finestra, mi siedo, torno ai miei appunti sul nervo ottico e la miopia: tutti sembrano tornati sereni, hanno riacquistato la vista e la vita quotidiana. Lei no.

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