giovedì 30 luglio 2009

Lupus et agnus

http://caderno.josesaramago.org/2009/07/30/a-abjuracao/
http://quadernodisaramago.wordpress.com/2009/07/30/labiura/

Secondo Antonio Messori, Galileo Galilei non sussurrò affatto la famosa frase "e pur si muove!" al termine della propria abiura: si tratterebbe invece di un'invenzione del 1757 ad opera di Giuseppe Baretti. Forse è vero, ma sono false le affermazioni di Messori secondo cui Galileo sarebbe stato trattato molto onorevolmente prima e dopo il processo, ottenendo di fatto piena libertà e indulgenza:

(...) convocato a Roma per il processo, si sistemò (a spese e cura della Santa Sede), in un alloggio di cinque stanze con vista sui giardini vaticani e cameriere personale. Dopo la sentenza, fu alloggiato nella splendida villa dei Medici al Pincio. Da lì, il "condannato" si trasferì come ospite nel palazzo dell'arcivescovo di Siena, uno dei tanti ecclesiastici insigni che gli volevano bene, che lo avevano aiutato e incoraggiato e ai quali aveva dedicato le sue opere. Infine, si sistemò nella sua confortevole villa di Arcetri, dal nome significativo "Il gioiello".
Non perdette né la stima né l'amicizia di vescovi e scienziati, spesso religiosi. Non gli era mai stato impedito di continuare il suo lavoro e ne approfittò difatti, continuando gli studi e pubblicando un libro - Discorsi e dimostrazioni sopra due nuove scienze che è il suo capolavoro scientifico. Né gli era stato vietato di ricevere visite, così che i migliori colleghi d'Europa passarono a discutere con lui. Presto gli era stato tolto anche il divieto di muoversi come voleva dalla sua villa. Gli rimase un solo obbligo: quello di recitare una volta la settimana i sette salmi penitenziali.


Queste affermazioni sul processo sono scritte in modo magistralmente subdolo, mentre basta consultare wikipedia per conoscere la verità: se pure non fu mai torturato fisicamente, Galileo cercò più volte di evitare il processo, venne trattenuto a lungo contro la sua volontà, venne lasciato ad aspettare per settimane senza una parola, e dovette abiurare semplicemente per evitare la condanna a morte. Solo 17 anni dopo gli vennero concessi quelli che oggi chiamiamo "arresti domiciliari" nella sua villa di Arcetri.

Oggi la posizione della Chiesa di Roma è ridicolmente, incomprensibilmente ambigua. Nel 1992 (cito Wikipedia) il cardinale Poupard scrive che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un'indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica e arretrata, anche se veniva giustificata dal fatto che Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire prove scientifiche sufficienti a permettere l'approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa.* Ma nel 1992 come si può giustificare (per qualsiasi motivo) una condanna accompagnata dalla minaccia?

Già due anni prima (1990) l'allora cardinale Ratzinger in un discorso all'Università la Sapienza di Roma cita una frase di Paul Feyerabend (senza prenderne espressamente le distanze) che scatena una putiferio politico, sociale e culturale:

«La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione»

C'è chi accusa Ratzinger di condividere questa frase, c'è chi lo difende puntualizzando che è solo una citazione, chi si chiede perché Ratzinger non l'abbia condannata espressamente, chi si domanda perché mai abbia deciso di citarla (senza peraltro sviscerarne il significato e prendere posizione).

Nel frattempo, ad maiorem Dei (et veritatis) gloriam i Gesuiti della Specola si dissociano dal tepore della "riabilitazione" galileiana, e condannano l'atteggiamento arretrato del papa. I Gesuiti restano in gran parte persone serie e critiche, e la cosa non può che far piacere. Se ne parla qui, citando anche un libro che mi sembra interessante:

Annibale Fantoli, "Il caso Galileo. Dalla condanna alla ´riabilitazione´. Una questione chiusa?", Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2003, pagine 280, euro 8,50.

Ma infine oggi cos'è importante? Credo che l'importante sia che Galileo abbia abiurato: con l'abiura ha dimostrato di essere sotto minaccia di morte, e pronunciato le parole di un agnello che ammette di sporcare l'acqua a un lupo. Questa abiura è anche un monito per noi posteri a prestare attenzione a chiunque imponga un pensiero, di qualsiasi natura e valore, e un invito a mettere ragionevolmente da parte le proprie convinzioni di fronte alla minaccia della morte e all'opportunità di restare vivi, nella convinzione che un giuramento estorto non abbia alcun valore né davanti alla scienza, né davanti agli uomini, né tantomeno davanti a Dio.

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