martedì 7 luglio 2009

Conoscere, non idealizzare

http://caderno.josesaramago.org/2009/07/07/do-sujeito-sobre-si-mesmo/
http://quadernodisaramago.wordpress.com/2009/07/07/del-soggetto-su-se-stesso/

Evitare di idealizzare le persone che ammiriamo non è solo indice di un sano pragmatismo, ma anche una vera e propria responsabilità. Succede nel mondo del cinema, dello sport, della musica e naturalmente anche in letteratura: certi lettori tendono a mitizzare gli scrittori che preferiscono spogliandoli di ogni connotazione umana e innalzandoli ad un livello che esige, più che ammirazione, una vera e propria devozione incondizionata.

Il fruitore dell'opera arriva in certi casi ad abbracciare devotamente e per intero la visione del mondo e le idee dell'autore, giustificandone anche le eventuali incoerenze e sacralizzandone le scelte, spesso attraverso la (più o meno consapevole) rimozione di ogni filtro critico.

Non si tratta di parlare soltanto - non qui - della debolezza o inconsistenza di alcune personalità che si lasciano trasportare da facili entusiasmi, ma di un'altra conseguenza (a volte ignorata) di questo fenomeno: il privarsi della possibilità di conoscere più profondamente e oggettivamente chi ammiriamo.

L'idealizzazione di un individuo (autore, cantante, politico, calciatore, artista che sia) comporta implicitamente la sua spersonalizzazione e trasformazione in un obbiettivo intrinsecamente irraggiungibile a cui tendere o con cui confrontarsi, ma questa immagine ideale è per sua stessa natura superiore persino alla realtà oggettiva della persona idealizzata: l'Alessandro Magno storico (come l'Ernesto Guevara, il Ronaldo, il John Lennon ecc.) non reggerebbe il confronto con la propria proiezione di sé nelle menti dei suoi devoti, spesso neppure con la propria versione cinematografica. Le due personalità si staccano, e l'idealizzato può facilmente perdere di vista la propria vera natura (umana, con il suo prezzo).

Anche la persona che sacralizza le virtù del proprio idolo ne perde di vista la natura umana (nel senso più ampio, nella sua interezza fatta di aree grigie, pregi e difetti) e ne svilisce il reale valore, separandone gli sforzi, i limiti, i successi e le capacità dal mondo in cui vive: ma è proprio in quanto opera di un essere umano calato nella realtà del mondo che un libro, un film, un'opera artistica, sportiva o intellettiva assume il valore che merita, ed è proprio in quanto buttato nella realtà che un uomo può trovare la possibilità di realizzare opere straordinarie. Invece, una volta diventato un angelo, l'uomo non potrà più fare nulla che ritenga degno di sé, e finirà per consumarsi e scricchiolare inesorabilmente.

Ammirando incondizionatamente finiamo per ammirare un feticcio inesistente, e soprattutto - dotandoci di paraocchi - perdiamo la possibilità di conoscere veramente in profondità e per intero (per quanto ciò sia possibile) chi ammiriamo; sarebbe più utile e proficuo inchiodare l'idolo al suolo, e permettergli di vivere da essere umano le proprie virtù e capacità realizzandole fino in fondo.

Con questo dualismo stridente mi viene in mente, forse senza motivo, il commovente Angelo Nero di Montale.

Nessun commento:

Posta un commento