giovedì 25 giugno 2009

Formazione

http://caderno.josesaramago.org/2009/06/25/formacao-1/
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Due settimane fa parlando della formazione del bambino scrivevo che "il resto del lavoro formativo - contemporaneamente e parallelamente ai genitori - spetterà naturalmente alla società e soprattutto alla scuola, che nel migliore dei casi sarà una fucina di esperienze e possibilità, creatività e disciplina". Va da se' che nel migliore dei casi significa che non la situazione non è sempre aderente all'ideale. La formazione scolastica e universitaria scolpisce l'individuo dall'infanzia fino all'età adulta per prepararlo culturalmente ed eticamente al vivere sociale, civile, professionale: può creare prodigi e mostri, nutrire la ragione o soffocarla. Il destino del mondo è in mano agli insegnanti? In parte sicuramente sì, ed è perciò ancor più preoccupante la famosa frase di Confucio "chi fallisce come politico va a fare l'insegnante".

Se il fondamentale ruolo della didattica è riconosciuto universalmente, sulla scuola italiana si sentono pareri diametralmente opposti: ce la invidia il mondo intero - è un disastro pachidermico - è un sistema flessibile e umano fatto di professionisti responsabili - è una conigliera di fannulloni incompetenti. Penso che ognuno di noi possa testimoniare che nessuna di queste affermazioni è vera in assoluto: al di là del sistema in se', nei 15-20 anni che passa sui banchi lo studente medio incontra quasi invariabilmente insegnanti di valore professionale e umano molto differente. Dopo un anno, alcuni non li ricorda neppure, altri lo segnano per la vita in positivo, di altri ricorda forse soltanto l'incompetenza, di altri ancora ha una memoria vaga e stemperata dal tempo, sotto la quale si cela un solco profondo nella forma mentale, indelebile e a volte insospettato.

In Asia, soprattutto in Giappone, l'obbiettivo primario della scuola non è formare la persona culturalmente, ma "costruire un giapponese": dotarlo della forma mentale, della disciplina, della Weltanschauung che contraddistingue il Sol Levante e lo Shinto. La materia oggetto di studio ha un'importanza molto relativa: lo scopo primario è che l'individuo impari a convivere col proprio popolo e a condividerne i valori, realizzandosi fino a diventarne una cellula integrante e obbediente. Ne è prova il fatto che laureati in medicina finiscono spesso a lavorare alla Toyota, laureati in letteratura vengono assunti come grafici, programmatori diplomati finiscono a fare i giornalisti. All'azienda che cerca personale fresco non importa cosa abbia studiato il candidato: la formazione professionale avverrà all'interno della ditta, purché l'ex-studente provenga "da una buona università". In Giappone una buona università è quella che trasforma un bambino vivace, capriccioso e curioso in un giovane impassibile, ubbidiente e civile: una tabula rasa pronta ad assorbire la formazione interna senza porsi troppe domande.

Funziona? Naturalmente funziona benissimo e malissimo, come tutti i sistemi sociali dell'umanità: nelle organizzatissime aziende giapponesi c'è comunque fame di creatività e individualità. La fantasia e l'individualità agonizzano per definizione, e i famosi architetti e designer giapponesi sono quegli individui che - dotati di molto talento e insopprimibile individualità - sono sopravvissuti alla strizzata neurale della formazione scolastica.

A Taiwan invece la scuola presenta problemi molto seri, ma tra le sue scelte più interessanti e lodevoli c'è senza dubbio l'importanza attribuita alle attività di gruppo - sportive o di autogestione, come la pulizia degli spazi comuni da parte degli stessi studenti e le tante ore che i giovani trascorrono insieme: al di là della lezione frontale, e accanto ma non a discapito delle materie di studio, il discente impara a convivere con i compagni, a gestire i propri diritti e doveri rispetto agli altri, a condividere strutture, spazi, risorse e problemi, partecipando davvero a quella formazione che è scuola e scuola di vita.

Cosa possiamo fare nel nostro Paese per migliorare un sistema che ha comunque già dei pregi? Siamo nella prima era globale: tra le altre cose, possiamo senz'altro cominciare a guardare fuori dal giardino e iniziare un dialogo costruttivo con i nostri lontanissimi vicini di casa, non solo giapponesi e taiwanesi naturalmente.

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